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    Sullo sfondo dell‘immagine i castagneti del versante orografico destro della bassa Valposchiavo. - Archivio fotografico Luigi Gisep/SSVP
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    Cottura dei brasché (caldarroste) alla Sagra della castagna - Piero Pola
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    Visita guidata alle selve castanili in occasione della Settimana della castagna - Piero Pola
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    Cesta di castagne provenienti dalle selve di Brusio - Piero Pola
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    Castagne locali di tre dimensioni diverse - Piero Pola
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    Raccolta delle castagne nella zona di Brusio - Valposchiavo Turismo
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    Alcuni maronatt alla Sagra della castagna - Piero Pola
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    Rosy e Pasquale, anziani abitanti di Brusio, davanti a un piatto di castagne al forno - Lorenzo Caglioni
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    Pasquale, anziano castanicoltore, mostra una pianta di castagno recentemente innestata - Lorenzo Caglioni
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    Castagni nelle selve di Brusio - Piero Pola
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    Castagneti di Campocologno - Naima Comotti
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    Castagneti di Campocologno - Naima Comotti
  • 1918
    2021
    2022
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Categoria

Saperi Tecnici e Artigianali

Tag

DOVE

(Val Poschiavo), Canton Grigioni - Svizzera

CHI

Paganini Nicolò Paganini Nicolò
(imprenditore)
Pianta Pasquale e Rosy Pianta Pasquale e Rosy
(agricoltore)
Pola Piero Pola Piero
(agricoltore)
Pro Grigioni Italiano Pro Grigioni Italiano
(associazione)
Valposchiavo Turismo Valposchiavo Turismo
(associazione)
Zanolari Eugenio Zanolari Eugenio
(agricoltore)

Castanicoltura in Valposchiavo

(Castégn)

La coltivazione del castagno e le pratiche di trasformazione del frutto in Valposchiavo sono limitate alla zona meno elevata della valle, dove l’albero riesce a crescere e a produrre frutti, ovvero al territorio adiacente il confine italiano, presso il comune di Brusio, in particolare nelle frazioni Campocologno, di Zalende e di Campascio. Qui la presenza delle selve castanili, collocate tra i 500 e gli 800 metri s.l.m., ha costituito per secoli una risorsa importantissima. La castagna è stata infatti un alimento di base e una merce di scambio fondamentale per gli abitanti di questo tratto di Valle, come testimoniato anche dall’abitante più anziano intervistato a Brusio, Pasquale, di 86 anni: “Le castagne sono sempre state un alimento molto importante qui a Brusio, perché a Poschiavo non ce n'erano. Le castagne venivano raccolte e tutti i castagneti erano puliti.
Oggi le pratiche di coltivazione, trasformazione e consumo della castagna ricalcano in parte antiche tradizioni della zona, simili a quelle della vicina Valtellina, ma sono state investite da un processo di innovazione negli ultimi decenni, costituito da due importanti azioni. Innanzitutto gli interventi di mantenimento e potatura delle selve, avvenuti a partire dagli anni Novanta e poi l'iniziativa di un consorzio informale di castanicoltori che ha dato vita a una piccola filiera della castagna che va dalla pulizia alla vendita del prodotto. Questa iniziativa si svolge in parallelo alla locale “Sagra della castagna”, in stretto legame con le attività turistiche autunnali. In collaborazione con l’ente turistico vengono infatti proposte nel mese di ottobre attività orientate alla valorizzazione del patrimonio culturale e alimentare, quali feste e visite guidate alle selve, in abbinamento con degustazioni della castagna locale, cotta alla brace come “brasché” (o caldarroste). La qualità di castagna tipica della zona si chiama tudiscia, di dimensioni piccole ma particolarmente gustosa e adatta per la cottura sul fuoco: La castagna vera tradizionale, che abbiamo solo in questa zona, ha un suo nome dialettale e viene chiamata tudiscia: ha un colore piuttosto chiaro, ha una barba sotto il picciolo e si riconosce per quello. La particolarità di questa castagna è che è molto gustosa come sapore, è dolce, è come mangiare una caramella. Il problema di questa castagna è che non ha un gran mercato, perché è piccola, più difficile anche da pulire e non si riesce a vendere. Le persone tendono a preferire quelle più grosse, ma sicuramente per cucinare e per fare le caldarroste è la migliore. La tudiscia è proprio la nostra castagna autoctona.” [Piero]
Oltre alla tudiscia in Valposchiavo si coltiva molto anche il marrone, di taglia più grossa e adatto alla commercializzazione. Entrambe le qualità vengono oggi proposte alla sagra autunnale. In questo periodo dell’anno si concentrano anche le principali attività della castanicoltura: la raccolta, la preparazione del frutto e il consumo immediato attraverso alcune tecniche come la cottura alla brace. Negli ultimi anni nel mese di ottobre in Val Poschiavo il legame del territorio - soprattutto nel comune di Brusio - con il frutto del castagno si è rafforzato con una nuova iniziativa, la sagra della castagna, per cui i coltivatori e gli appassionati raccolgono le castagne e le radunano insieme per la vendita e per la preparazione degli eventi festivi di questo periodo, che prevedono momenti di valorizzazione del patrimonio culturale e di degustazione delle caldarroste (brasché). Tuttavia, chi si occupa di castagne deve seguire durante tutto l'anno una serie di procedimenti che permettono all'albero e alle selve di mantenersi in buono stato. Attualmente nel corso dell'anno si svolge principalmente l'attività di manutenzione della selva. Il primo passaggio, che si svolge dopo il periodo autunnale della raccolta, consiste nella pulizia delle selve, ovvero principalmente nella raccolta delle foglie. Questo procedimento viene svolto una volta che gli alberi si sono spogliati del fogliame verso il tardo autunno o durante l'inverno. Successivamente, a inizio primavera, bisogna iniziare a tagliare l'erba, lavoro che un tempo veniva fatto soprattutto dal bestiame e che permetteva di tenere pulito il bosco. Ancora oggi talvolta si cerca di portare gli animali nelle selve, come riportato da Piero stesso, che ha accolto recentemente un allevamento di asini. Sempre in primavera i castanicoltori si premurano di prendersi cura del castagno con la potatura dei polloni più bassi, ovvero dei rami giovani. Durante l'estate si continua con un'attività di manutenzione ordinaria della selva e del prato sottostante, fino alla maturazione della castagna, che avviene verso la metà di settembre, quando i ricci iniziano a cadere. La raccolta è riservata alle persone che hanno il diritto di coltivazione sulle selve, fino alla fine del mese di ottobre. Successivamente, a partire dalla Festa di Tutti i Santi, la raccolta è aperta a tutti, come testimoniato da Eugenio, appassionato e coltivatore: “La tradizione vuole che col primo di novembre, il giorno dei morti o dei Santi, tutti possono andare a raccogliere le castagne. È libero per ognuno andare anche sulla proprietà altrui a raccogliere le castagne. Se non le hanno mangiate i cervi e le pecore.
Sebbene le tradizioni legate alla castagna oggi in Valposchiavo siano meno diffuse che in passato, tuttavia in molti abitanti restano vividi i ricordi di usanze, ambienti e utensili “di una volta”. Il primo ambiente tradizionale legato alla castagna è proprio la selva castanile, che si presenta come uno spazio naturale organizzato dall’uomo ai fini della coltivazione. In Valposchiavo si è prestata attenzione per la costruzione delle roste, muri di sostegno con la funzione di segnare anche i confini delle selve: “Servono per trattenere i frutti praticamente, che non rotolino nella selva dell'altro sotto. Oppure per camminare meglio - questi muri che ci sono anche nelle vigne - e per segnare il confine.” [Eugenio]. Qui nel mese di ottobre, o già nella seconda metà di settembre nelle annate più favorevoli, si passava a raccogliere le castagne cadute dai rami, muniti di gerli e ceste di nocciolo. Con un rampelin, il tradizionale coltellino ricurvo, ci si aiutava sia nel bosco sia, ancora oggi, nell’incisione delle bucce delle castagne. Qualcuno, come il nostro testimone Pasquale, ricorda l’ambiente della grà, l'essiccatoio tradizionale che permetteva alle castagne di conservarsi e di produrre le castagne bianche (o peste), dopo averle pestate in un tronco detto sciucca. Questa pratica è testimoniata da qualche raro essiccatoio presente nella zona di Brusio, ma è molto più diffusa in Valtellina o in Val Bregaglia. Le pratiche che si sono tramandate fino ad oggi sono soprattutto quelle legate alla cottura del frutto fresco. Il brasché, ovvero la caldarrosta, viene ancora oggi preparato in occasione della Sagra della Castagna secondo il metodo tradizionale, cotte alla brace su una pentola in ferro bucherellata, con manico a volta che permette di scuoterle e girarle.
Nella cultura popolare le semplici ricette a base di castagne rivestono un’importanza centrale all’interno nelle tradizioni locali. La più conosciuta è quella delle caldarroste, in dialetto i brasché, cotti sulla brace. Un’alternativa ancora diffusa sono le castagne al forno, mentre i farudi” sono “castagne cotte nell’acqua bollita con un pizzico di sale” - secondo l’usanza della famiglia del signor Pasquale, brusino di 86 anni, o “anche con pizzico di anice per dare un buon sapore”, secondo la moglie Rosy, poschiavina di origine. Per questo tipo di cottura in Valposchiavo si usano delle pentole in ferro bucherellate sul fondo, con un manico arrotondato a volta che si usa per scuotere le castagne. Le castagne vengono appoggiate sul fuoco a una distanza di circa una ventina di centimetri dal fuoco. Vengono fatte girare ogni circa 6-7 volte al minuto, per farle cuocere in modo più omogeneo ed evitare di bruciarle. Per avere una cottura ideale si presta attenzione ad avere delle castagne di taglia simile. La cottura dura circa intorno mezz’ora e all’inizio è a fuoco intenso, poi molto più lento. Le persone che si occupano della cottura vengono chiamate in dialetto maronatt. Per l’evento della sagra il gruppo di maronatt, composto da volontari del luogo, organizza la cottura su bidoni riempiti di brace sui quali si appoggia la grande pentola in ferro.
Oltre alle tradizioni di coltivazione e culinarie, nel patrimonio culturale locale l’antica usanza del gabinat ha un rapporto diretto con le castagne, utilizzate come dolcetto di premio per i bambini. Si tratta di un gioco rituale che si svolge per la festa dell’Epifania in particolare in Val Poschiavo come anche in alcune zone della Valtellina. Il nome viene dal tedesco gaben (=dono) e nacht (=dono) e richiama l’idea della “notte dei doni”: la parola magica gabinat! viene esclamata dai bambini in una sorta di gara in cui, in gruppo, si recano di casa in casa. Vince nel gruppo di bambini chi riesce a pronunciare per primo la parola di fronte alla persona che apre la porta di casa. Similmente alla dinamica della festa di Halloween, ai bambini viene regalata tradizionalmente qualche castagna, oppure qualche dolcetto o un regalino.

NOTIZIE STORICO-CRITICHE

La castanicoltura in Valposchiavo affonda le sue origini nell’antichità. Furono infatti probabilmente gli antichi Romani a diffondere la coltura del castagno in questa zona delle Alpi, inizialmente per la produzione di legno. Risale invece alla crisi tardo-romana l’uso della castagna nell’alimentazione umana, in concomitanza con la disgregazione progressiva dei legami commerciali garantiti dall’organizzazione imperiale. A partire dal basso medioevo infatti la presenza dell’albero del pane ha garantito a questa zona, rimasta sempre più isolata, la sopravvivenza come fonte di nutrimento principale, grazie alla produttività del castagno e alla compatibilità con terreni scoscesi, umidi e profondi.
Ancora oggi i castagneti della Valp Poschiavo sono organizzati secondo le regole dello jus plantandi ereditate dal diritto romano, per il quale il terreno è pubblico ma gli alberi di proprietà privata. Secondo questa forma di regolamentazione i privati cittadini hanno un diritto di piantagione dunque su appezzamenti di suolo pubblico. La gestione delle selve è affidata a un istituto giuridico peculiare del comune di Brusio, il Consorzio, anticamente detto Corporazione, che, secondo quanto spiegato dal sito del Comune stesso,coordina e regola le iniziative comuni per lo svolgimento di determinate attività di impresa”. Eugenio Zanolari, presidente della Commissione Ambiente del Consiglio comunale di Brusio, spiega così il funzionamento attuale, recuperato dall’organizzazione politica di origine seicentesca: “Su ogni particella c'è iscritto il nome di qualcuno che ha il diritto di piantagione di tot. castagni: i castagni sono numerati. Con questo sistema abbiamo risparmiato soldi e la tradizione non va persa. Fino a pochi anni fa si rischiava che, dal momento che non c'era una misurazione o un catasto, questi diritti andassero persi e il proprietario non sapeva più esattamente dove si trovasse il fondo o se avesse voluto venderlo non poteva dire all'acquirente: “Sì, sono sicuro che questo pezzo di pezzo terreno mi appartiene.
Un’organizzazione così oculata, ripresa oggi per riorganizzare le selve, testimonia dell’importanza del castagno per i territori subalpini, “specialmente dalla fine dell'Ottocento ma anche prima, fino dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale. La gente qua viveva di questo frutto perché era uno dei pochi alimenti che si poteva conservare ai tempi: non c'erano frigoriferi né congelatori.” [Piero]. La castagna sfamava la popolazione di Brusio ma era anche una risorsa per le zone limitrofe, tanto che se ne organizzava il commercio lungo la Valp Poschiavo, fino al paese di Poschiavo: “mi ricordo che c'erano delle vecchiette che venivano con un carretto da Villa di Tirano e arrivavano fino a Poschiavo con le verdure e le castagne.” [Rosy].
Dalla fine del secondo dopoguerra la castagna inizia a perdere d’importanza, fino al grande abbandono dei decenni tra il boom economico e gli anni ‘80. Negli ultimi trent’anni l’interesse per le selve castanili è rinato in una chiave diversa, a partire dalla consapevolezza di un patrimonio da tutelare: “Bisogna dire che in quegli anni lì, parlo dal 1960 in avanti, ha sempre perso di importanza. Fino al 1996, dove abbiamo iniziato a fare lavori di risanamento dei castagneti.”  [Eugenio]. Oggi il rapporto della Valposchiavo con la castagna è totalmente cambiato: non più un alimento necessario, ma prezioso per le sue qualità, il suo sapore, risorsa per cultura e turismo.

APPRENDIMENTO E TRASMISSIONE

Nei ricordi di persone adulte e anziane della zona di Brusio le castagne sono legate a momenti passati in famiglia, percepiti come occasioni di convivialità, ma anche di lavoro. Aiutare i genitori nella raccolta delle castagne era infatti anzitutto un dovere, ma allo stesso un momento di osservazione e apprendimento: Quando ero piccolo, mi sono sempre recato a raccogliere castagne, con la mamma specialmente, mentre mio papà faceva altro, era un contadino. Devo però dire che le castagne erano un prodotto un po' messo da parte. Non era una raccolta che ci dava da vivere, era piuttosto un prodotto che raccoglievamo per noi stessi, che in parte veniva anche venduto.” [Eugenio]
Anche le tecniche di cottura, come ad esempio quella delle castagne bollite, o farudi, venivano apprese fino a qualche decennio fa in ambito familiare. Oggi questi metodi rischiano di essere dimenticati dalle nuove generazioni, perché spesso non vengono più praticate: I miei genitori facevano anche le castagne bollite che chiamiamo le farudi. Erano buonissime, è pero’ una tradizione che oggi va un po' scomparendo. I miei genitori sono morti e, da allora, non le ho mai più mangiate; mi ricordo mia mamma che le preparava in modo ottimale, perché non ci si limitava a mettere semplicemente le castagne a bollire nella pentola, ma si aggiungevano anche delle spezie e del sale… Io personalmente non le so fare. Ad esempio, per quanto riguarda la trasmissione di questa tradizione, se si chiede ai giovani cosa sia una faruda temo che non lo sappiano. Probabilmente non l'hanno mai mangiata o non l'hanno mai vista preparare.” [Piero]
Uno dei modi con cui la Valposchiavo cerca di tenere vivo il patrimonio culturale della castanicoltura sono le attività didattiche conoscitive e di sensibilizzazione che si svolgono nelle scuole, con lo scopo di far conoscere e far vedere selve e metodi di cottura, come segnalato ancora da Piero Pola: Nelle scuole in tutta la valle, anche nell'alta valle dove effettivamente le castagne non ci sono, di tradizione tutti gli anni fanno delle castagnate, delle giornate dedicate alle castagne, dove li portano nelle selve per una visita guidata nello stesso stile di quella che porto avanti anch'io qui con i turisti. In quelle occasioni vengono anche cucinate le castagne sul fuoco, si fanno in particolare le caldarroste per far vedere come vengono cotte e possono anche provarle. Il tema della castagna viene trattato anche a scuola, proprio per tener viva questa tradizione.” 
Le attività educative e i momenti di aggregazione e convivialità delle sagre di ottobre sono finalizzati a suscitare entusiasmo nei bambini e nella comunità e a promuovere la trasmissione di questa pratica di coltivazione, tuttavia al momento la presenza di giovani tra i coltivatori amatoriali della valle resta oggi ancora limitata.

COMUNITÀ

La rete di coltivatori di castagne si compone oggi di un gruppo di individui che nella zona di Brusio conservano il diritto di piantagione ereditato dai loro progenitori. Tale diritto è infatti da secoli assegnato alle famiglie, ovvero ai “patrizi” delle diverse contrade, che spesso basavano la loro autonomia alimentare sulle castagne e possedevano gli alberi su particelle registrate al catasto. Chi pratica oggi la coltivazione delle selve castanili in Valposchiavo è ancora legato a un’organizzazione politica particolare, gestita da un Consorzio che  si occupa della gestione dei rapporti tra famiglie e diritti di coltivazione sul territorio. Tale organizzazione ci parla di un legame forte del territorio con il frutto del castagno: La castagna era abbastanza fondamentale nella vita di paese. Una volta era importante anche per la sopravvivenza. Adesso lo è emotivamente, soprattutto durante i 15 giorni della raccolta. All'interno di ogni famiglia ci sono dibattiti accesi. Ad esempio, quando si fanno le caldarroste, ognuno ha la sua tecnica: bisogna farle girare in questa direzione e non nell'altra, dettagli magari anche senza senso ma che creano una bella atmosfera di gioco e confronto tra le persone. Nella mia famiglia ho una zia che per 15 giorni diventa intrattabile, scandendo i tempi delle attività: "Oggi bisogna andare a raccoglierle!". Oppure: “C'è stato il vento, perciò le castagne sono cadute e dobbiamo partire subito!”. Premendo perché anche le mie figlie l’accompagnino. Sono giornate appassionanti, in cui ci lasciamo coinvolgere un po' tutti.” [Nicolò]
La testimonianza di Nicolò Paganini, coordinatore dell’attività di raccolta e vendita di castagne in autunno, tratteggia il cambiamento vissuto dalle ultime tre generazioni in relazione alla castagna. Prima alimento necessario, oggi patrimonio comune che lega tutti in un rapporto quasi affettivo, la castagna fa da ponte tra periodi storici che hanno visto questi territori andare incontro a profondi mutamenti. La società agricola ha infatti oggi lasciato il posto all’industrializzazione e alla valorizzazione della montagna in chiave turistica. Anche la castagna è coinvolta in questo processo e la comunità locale si è attivata per riqualificarla e reinterpretarla in questo senso. Nicolò stesso ha un ruolo fondamentale nel coordinare le pratiche di raccolta e convoglio dei frutti presso i magazzini della sua azienda e nella gestione delle attività del gruppo informale di castanicoltori e volontari che si attivano nel periodo autunnale. Al suo fianco altre due figure aderenti all’associazione informale definiscono l’identità della comunità di pratiche della castanicoltura locale. Piero Pola ogni anno anima attraverso visite guidate alle selve castanili la parte di promozione culturale legata alle castagne, mentre Eugenio Zanolari si occupa del coordinamento dei maronatt, i volontari che cucinano le caldarroste.
Oggi la comunità locale si compone di una ventina di appassionati, uniti dalle attività della Sagra della castagna e da contatti interpersonali che si rinsaldano ogni anno nella stagione autunnale. La rete informale dei castanicoltori si è organizzata in sinergia con l’ente turistico locale per promuovere la castagna all’interno di eventi specifici e, grazie al gruppo di coltivatori, le castagne raccolte nella zona di Brusio confluiscono ogni anno in occasione della Sagra della Castagna presso la cooperativa di Nicolò Paganini prima della commercializzazione e degli eventi turistici dedicati.

AZIONI DI VALORIZZAZIONE

In Valposchiavo il principale momento festivo legato alla castagna è di origine recente e consiste in una “Settimana della castagna”, che culmina nella giornata finale della “Sagra della castagna”. Si tratta di un’iniziativa a cadenza annuale che da circa una ventina di anni viene realizzata nel comune di Brusio verso la metà del mese di ottobre: un evento di festa, di valorizzazione dell’alimento e di promozione turistica. Viene organizzata da un gruppo di volontari, in collaborazione con L'Associazione Osti Brusio, l'Associazione Coltivatori di Castagne della Svizzera Italiana - Gruppo operativo di Brusio, Valposchiavo Turismo, Pro Grigioni Italiano e il Gruppo di gioco Pinguin. Nel contesto della sagra vengono anche proposte visite guidate alle selve castanili, al cui termine viene proposto un assaggio gratuito di castagne cotte al momento dai così detti "maronatt", come emerge nella testimonianza di Piero Pola, uno dei volontari più attivi: Da alcuni anni a questa parte qui in valle si cerca di valorizzare sempre di più la castagna anche a livello di attrazione turistica. Tramite anche Valposchiavo Turismo, l'ente turistico regionale, in collaborazione con l'Associazione dei castanicoltori si organizzano anche per turisti delle visite guidate nelle selve castanili che, nella maggior parte dei casi, svolgo io. C'è un percorso in cui accolgo i turisti che arrivano in treno, ci dirigiamo quindi verso la selva distante solo qualche minuto di cammino, li’ racconto la storia delle nostre selve e come sono organizzate. E’ un percorso di poco meno di un'ora in cui alla fine ci sono altri castanicoltori che si dedicano alla cottura delle castagne, che vengono offerte ai turisti in un bel momento conviviale tutti insieme.” [Piero]
Al centro dell’organizzazione dell’intero evento della Settimana e della Sagra c’è il gruppo di volontari che formano un’associazione informale coordinata da Nicolò Paganini, che mette a disposizione gli spazi della sua cooperativa per raccogliere e preparare le castagne alla vendita. Mettendo in comune mezzi, risorse e coordinamento il gruppo è in prima linea nella valorizzazione della castanicoltura della Valposchiavo. Da un punto di vista pratico, questo gruppo, composto da una ventina di appassionati, si dà appuntamento ogni anno dopo il raccolto presso l’azienda Piccoli Frutti a Campascio, dove “abbiamo creato questo centro di raccolta di conferimento. C'è chi ne porta il 50 kg, 100 kg, 2-300 kg al massimo. In totale vengono conferiti circa 2000 kg di castagne ogni anno. In questo spazio iniziamo poi una fase di cernita delle castagne in base alla pezzatura, alla qualità e alla dimensione e si procede con il processo della novena prima della preparazione per la vendita. I castanicoltori stabiliscono inoltre un prezzo comune, distinto per categoria di castagna, per poi proporre il prodotto durante gli eventi autunnali.” [Nicolò]

MISURE DI SALVAGUARDIA

La salvaguardia del patrimonio castanile della Valposchiavo è garantita in primo luogo dagli interventi di ripristino delle selve castanili, iniziate negli anni 90 grazie a un progetto Interreg che ha coinvolto Italia e Svizzera. Dopo il progetto  pilota di  Campocologno che tra il 1992 e il 1995 ha portato a un risultato di 440  piante  potate  a  Campocologno, Zalende e Viadott, le potature sono state portate avanti sistematicamente dal 1996 al 2003 sull’intero Comune di Brusio. Sono state potate  nell’arco del decennio in tutto 960 piante e puliti 10 ettari.
Oggi il Comune di Brusio, grazie al contributo del Cantone dei Grigioni e della Confederazione Svizzera, con l’intervento dell’Ufficio Forestale garantisce un servizio di potatura ai coltivatori di castagni, i quali partecipano alla spesa con una piccola quota, come segnalato dal castanicoltore Piero Pola:
Tramite il Comune, il Cantone e la Confederazione c'è sempre la possibilità tutti gli anni di poter fare delle potature di rimonda nelle selve castanili e queste vengono fatte ad opera di operai del Comune specializzati che fanno parte del gruppo forestale. Con la partecipazione di questi enti pubblici il costo per il proprietario della pianta è minimo. Praticamente con 15 o 20 franchi per pianta si riesce a fare queste potature. Sicuramente questo è un grosso contributo che dà il Comune alla coltivazione del castagno.
Un altro passaggio fondamentale per la salvaguardia dei castagneti è stato il rilievo delle  proprietà, ovvero la ricostruzione dei diritti di piantagione su terreno pubblico. Negli ultimi anni è stato compiuto, a questo proposito, un lavoro di messa a punto degli Statuti che suddividono il territorio in particelle su cui le diverse persone hanno diritto di piantagione (quindi di coltivazione ad uso privato), secondo l’antico istituto dello jus plantandi:
Quando abbiamo rimesso a nuovo gli Statuti antichi, sono stati trovati degli atti tradotti dal latino che erano poi stati iscritti nel Comune nei protocolli delle compravendite dove veniva segnalata la loro proprietà. Noi abbiamo quindi potuto fare iscrivere nel catasto le nostre particelle. Oggi abbiamo gli statuti rinnovati e ognuno praticamente ha un’iscrizione nel catasto su dove si trova la sua selva.” [Eugenio]
Prima della sistemazione degli statuti esisteva il problema della mancanza di un catasto, per cui diritti di piantagione rischiavano di andare persi. In questo modo il proprietario non aveva chiaro dove si trovasse la sua selva e non era in grado eventualmente nemmeno di dare evidenza dei suoi diritti a riguardo e, quindi, di venderla. Oggi l’identificazione dei diritti di piantagione sulle diverse particelle permette invece di poter risalire al proprietario e, eventualmente, di venderle a qualcuno interessato all’attività di coltivazione.

Beni immateriali collegati

Coltivazione dei cereali antichi, grano saraceno e segale, in Valposchiavo

Per sapere di più

Siti web

Bibliografia

  • Quaderni Grigionitaliani - La Sagra della Castagna di Brusio : una tradizione alla ribalta
  • Conedera M., Krebs P.
    Quaderni Grigionitaliani - Il castagno: l’albero del pane 84 (2015/4).
  • Pola Agnese
    Quaderni Grigionitaliani - Il castagno nel Brusiese

Beni materiali

Una lavorazione tradizionale raramente praticata oggi è il processo per fare le “castagne bianche”: consiste nel fare essiccare il frutto, inserirlo dentro la sciucca (un tronco cavo), dentro cui le castagne vengono sbucciate battendole con un bastone apposito (il pisùn). Questo accade dopo l'essiccazione, che avveniva talvolta in un locale dedicato, chiamato grà, ma altrove conosciuto come “seccatoio” o “metato”. La stanza, divisa in due piani da una griglia metallica o di legno, aveva un focolare nella parte più bassa, che permetteva ai fumi della brace di salire e affumicare lentamente le castagne. Un altro metodo ricordato dagli anziani per mantenere fresche le castagne consiste nel metterle in baita ancora nel loro riccio tra le foglie di castagno per conservarle qualche mese.  Le usanze di una volta oggi in Valposchiavo si sono sapute adattare alle esigenze attuali e il gruppo di appassionati locali si serve di nuove tecniche e ambienti per la preparazione delle castagne per gli eventi della Sagra della castagna, mentre la cottura dei brasché avviene ancora sulla brace e sulle tipiche padelle in ferro bucherellate con manico a volta.

A cura di

Meraki - desideri culturali (per Regione Lombardia) - Lorenzo Caglioni e Naima Comotti

Data di pubblicazione

31-OCT-2022 (Lorenzo Caglioni)

Ultimo aggiornamento

31-DEC-2022 (Agostina Lavagnino)

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